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GNOSIS 2/1999
Spie, disertori e traditori nella Grecia classica

Chester G. STARR



Nei meccanismi dello spionaggio moderno i modi per acquisire informazioni possono essere catalogati in cinque categorie generali. La prima comprende l'indagine intenzionale condotta con agenti speciali e mezzi scientifici, insieme con i rapporti di proprio personale militare e diplomatico (1) . Nella seconda sono annoverate le informazioni che altri Stati forniscono deliberatamente per il mondo esterno, pubblicamente o attraverso canali sotterranei, per mezzo di canali diplomatici, o stampa o altro tipo di diffusione. Ma anche in questo caso i capi di Stato hanno necessità di curare l'informazione dei loro cittadini o sudditi, se vogliono ottenere il necessario sostegno per la realizzazione dei propri disegni; e qui ancora saranno usati mezzi di comunicazione di massa, articoli sui giornali, discorsi pubblici tenuti dai leader e dai loro collaboratori, o persino dichiarazioni come quelle contenute in Mein Kampf di Hitler, il cui effetto si prolunga nel tempo. Un quarto veicolo di informazione comprende i collegamenti commerciali e industriali. Il quinto è dato da legami personali tra abitanti di Stati diversi. Attualmente questi rapporti si instaurano per lo più in circoli intellettuali, ma durante i primi secoli della storia moderna dell'Europa, le aristocrazie di molte zone furono legate da vincoli di amicizia, oppure creati attraverso lo sport, l'istruzione comune e i matrimoni fra membri di famiglie diverse.
Tra queste usanze, le attività segrete riscuotono senza dubbio la maggiore attenzione nella letteratura moderna, anche perché molti lettori leggono con piacere i racconti di grandi maestri dello spionaggio, come Fouché o Gehlen, dei loro agenti (reali o frutto della fantasia), delle astuzie di M6 o della CIA. Queste attività, inoltre, sono generalmente legate a momenti contingenti di periodi di guerra, sebbene gli agenti segreti operino in ogni situazione, e così finiscono per essere coinvolti nell'esaltazione o nel disonore che caratterizzano i grandi eventi cui essi sono associati. Anche le testimonianze antiche sono estremamente ricche di storie di spie, disertori e traditori, specialmente in tempi di guerra.
Le procedure di spionaggio militare, comunque, sono soltanto un esempio limitato di metodi più generali volti a scoprire le capacità e le intenzioni di altri Stati. Se consideriamo ora in modo esauriente le informazioni relativamente abbondanti in questo settore per il periodo greco, non si tratterà di una inutile digressione; piuttosto possiamo sperare così di definire alcuni dei limiti e delle possibilità dello spionaggio in quel periodo. In particolare, in primo luogo, si potrà far luce sui problemi di valutazione dell'informazione ed anche di prevenzione della diffusione di notizie.
Quando le armate greche cominciavano a marciare, il metodo più ovvio per scoprire i movimenti e la disposizione di un nemico era quello di servirsi di sentinelle o esploratori, i cui resoconti potevano essere riferiti da speciali messaggeri (2) . Persino in una situazione così semplice potevano esserci delle difficoltà. Enea Tattico, che scrisse un'opera sulla difesa delle città nel IV secolo a.C., formalizzò la regola per cui un generale deve disporre di almeno tre esploratori in ciascun luogo, uomini addestrati alla guerra sì da non emettere giudizi viziati da ignoranza e non allarmare una città con resoconti inesatti.
Senofonte fornisce un esempio nella descrizione del capo di una pattuglia di esploratori "sul cui giudizio si potrebbe fare affidamento per verificare la fondatezza della questione, con un felice talento nel distinguere fra vero e falso" (3) . Negli Eraclidi di Euripide, Demofonte, re di Atene, invia fuori della città degli osservatori per timore che il nemico argivo lo colga di sorpresa, ma poi il drammaturgo fa in modo che sia lo stesso Demofonte a farsi avanti "poiché l'uomo che sostiene di conoscere bene il mestiere di condottiero non deve tener d'occhio il nemico tramite messaggeri" (4) . In altre parole, i resoconti degli osservatori esigevano una valutazione prima di essere utilizzati e in ogni caso le informazioni che essi riuscivano ad ottenere circa le intenzioni del nemico erano necessariamente limitate all'osservazione visiva esercitata da una certa distanza. Per andare più a fondo, un comandante poteva interrogare i prigionieri, come fecero i Greci all'Artemisio nel 480; la fortunata ritirata dei Diecimila dalla Mesopotamia attraverso le montagne dell'Armenia sarebbe stata difficilmente realizzabile se i Greci non avessero catturato continuamente - intenzionalmente o per caso - dei prigionieri indigeni per servirsene come guide (5) . Talvolta, addirittura, gli eserciti si schieravano per qualche tempo vicini l'uno all'altro prima di una battaglia e spedivano ambascerie avanti e indietro, o i soldati stessi (come sempre accade in tempo di guerra) erano soliti fraternizzare nel procurarsi l'acqua o nell'andare a caccia di provviste (6) .
Molto spesso, comunque, è attestato l'uso delle spie, sia contro nemici esterni, sia contro la minaccia di un sovvertimento interno. Una lista dettagliata di spie greche potrebbe cominciare con l'astuto Odisseo, il quale si vestì come un mendicante ed entrò ed uscì da Troia senza incidenti all'inizio del primo assedio (7) ; più tardi, secondo il Filottete di Sofocle, Odisseo si tenne in contatto con Neottolemo a Lemno per mezzo di una spia che si fingeva un mercante. Anche il primo esempio di spia smascherata ci viene dalla guerra di Troia. L'audace ma sfortunato Dolone, catturato da Odisseo e Diomede, fu costretto a rivelare la disposizione dei soldati troiani prima di essere ucciso (8) .
In tempi storici le spie di cui abbiamo notizia falliscono nel loro intento quasi tanto spesso quanto vi riescono. All'interno di una piccola polis le differenziazioni locali del dialetto e dei costumi facevano sì che uno straniero si distinguesse così come accade in un villaggio della Grecia moderna, e persino nei porti più importanti come Rodi e il Pireo gli stranieri probabilmente erano facilmente riconoscibili se si allontanavano da moli e depositi. Due volte nel suo discorso sulla corona Demostene conferma la scoperta di spie ad Atene, anche se almeno una era nascosta nel Pireo (9) .
Le spie avevano maggiore possibilità di manovra quando tentavano di infiltrarsi negli eserciti, specialmente se le milizie nemiche erano composte di mercenari o di numerosi, eterogenei contingenti. Tuttavia anche qui di tanto in tanto erano scoperti dei volgari "ladri, del genere che si insinua e tormenta un esercito nell'oscurità" (10) .
Le spie greche mandate ad osservare l'armata di Serse a Sardi furono catturate, ma il re persiano nella sua superbia permise loro di vedere tutta la potenza del loro avversario e poi le rimandò indietro (11) . Nel secolo successivo il generale ateniese Carete, a capo di una forza di mercenari, sospettò che ci fossero delle spie nel suo accampamento e costrinse ogni uomo a provare ai suoi compagni chi fosse e a quale reparto appartenesse. Il risultato fu la cattura degli agenti nemici (12) . Altre volte, comunque, le spie riuscivano a conoscere le parole d'ordine, le intenzioni del nemico e la consistenza effettiva delle forze avversarie.
Nella storia interna delle poleis greche sfortunatamente ci fu troppo spesso uno spazio per il controspionaggio avversario, o per l'uso di spie e informatori. Ci occuperemo dei traditori tra un momento; ma per citare un principio generale di governo, "quanto più una organizzazione sociale fa assegnamento sull'unità e sull'aiuto di persone, gruppi, fazioni o partiti all'interno dei suoi membri per il raggiungimento dei suoi scopi centrali, tante più risorse essa dedicherà allo spionaggio" (13) .
Tra gli Stati greci Sparta si trovò in una situazione particolarmente vulnerabile, a causa della sua numerosa popolazione di iloti, e esercitò una sorveglianza costante verso i suoi servi, la famosa krypteia. Talvolta degli iloti malcontenti cercarono di ribellarsi, sebbene in genere ciò avvenne solo quando un disastro naturale, come il terremoto del 464, o un aiuto esterno incoraggiarono l'insurrezione; ma c'è anche prova di un certo numero di congiure che furono rivelate all'autorità in tempo perché fossero represse (14) . Comunque, la maggior parte delle prove dell'esistenza del controspionaggio proviene da Atene, dove i famosi «sicofanti» (accusatori privati e anche informatori) erano ben noti intorno al sesto secolo. La cause célèbre che meglio li mostra all'opera fu la mutilazione delle Erme nel 415, dopo la quale furono offerte ricompense per le informazioni. Meteci e schiavi per primi si presentarono per fornire lo stimolo iniziale ad una grande caccia alle streghe, ma probabilmente persino personaggi importanti come Andocide tentarono di salvare la propria pelle fornendo informazioni su altri (15) . Come cinicamente afferma Tucidide, in questa occasione la parola degli informatori veniva accettata senza investigare sulla loro attendibilità. Un terzo esempio di spionaggio interno è fornito da quei casi in cui la vita politica greca produsse tiranni o strutture fortemente oligarchiche. Un fattore concomitante spesso era rappresentato da «diffusori di dicerie» o partecipanti ad una congiura che ne rivelavano l'esistenza alle autorità (16) ; persino delle cortigiane furono impiegate in questo campo (17) .
Non solo fazioni politiche locali potevano far uso di concittadini come informatori segreti, ma anche persone esterne alla città potevano ben sperare di ottenere informazioni da membri insoddisfatti di uno Stato nemico. Moderni elogi della lealtà dei membri della comunità che legava insieme i cittadini di una polis troppo spesso hanno indotto gli studiosi a minimizzare le accanite divisioni che esistevano nella pratica politica greca, sebbene uno studioso abbia recentemente approfondito l'attività delle «quinte colonne» nella guerra del Peloponneso (18) . Uno scaltro 'straniero' come il re Filippo poteva sempre sperare di sfruttare questa divisione in fazioni per indebolire l'opposizione di Stati come Atene al tempo di Demostene; (19) ma anche elementi in esilio forzato o volontario risultarono molto utili ad altre potenze.
È probabile che disertori, traditori ed esiliati, dopo tutto, sapessero molto di più sulle capacità e sulle intenzioni di una polis, di quanto qualsiasi spia potesse scoprire nelle sue esplorazioni rapide e furtive. Per di più, in un'epoca in cui non si conosceva la polvere da sparo, il successo negli assedi dipendeva o dalla morte per fame dei difensori o dal procurarsi l'aiuto di traditori. A giudicare dalla relativa frequenza con cui sono menzionati nelle nostre fonti, disertori di ogni tipo costituivano la fonte maggiore di spionaggio politico e militare, e i traditori risultarono spesso d'aiuto nella presa di una città.
Come osservò molto più tardi l'autore di un trattato militare, Onasandro, "non esiste esercito in cui sia gli schiavi che gli uomini liberi non disertino passando dall'altra parte nelle numerose occasioni che la guerra necessariamente offre" nella speranza di ottenere onori e ricompense (20) . Persino più utili di tali semplici disertori erano i traditori e gli esiliati che spesso potevano avere occupato posizioni di rilievo negli Stati di appartenenza prima di entrare in disaccordo con i gruppi dominanti (21) . O direttamente con la fuga o con messaggi segreti essi potevano fornire informazioni ad un avversario (22) .
Ogni lettore che abbia familiarità con la storia greca sarà in grado di raccogliere rapidamente una varietà di esempi famosi di disertori, traditori ed esiliati. Il tiranno ateniese Ippia, il re spartano Demarato, lo stesso Temistocle e molti altri finirono dalla parte dei Persiani. Alcibiade evitò il rischio di condanna da Atene per la mutilazione delle Erme e la profanazione dei misteri eleusini - secondo l'accusa dei delatori - fuggendo a Sparta.
L'elenco potrebbe essere esteso all'infinito: "ci sono nemici all'esterno; ci sono traditori all'interno", commenta in modo stringato Demostene (23) . Più importanti per la presente ricerca sono diversi problemi generali alla base delle attività e delle rivelazioni di uomini di questo tipo. In primo luogo, in che modo disertori e altri fuggiaschi ottenevano le loro informazioni? In secondo luogo, fino a che punto erano credibili i loro resoconti? E infine, in che modo uno Stato poteva sperare di prevenire questo tipo di fuga di notizie?
Per ciò che concerne personalità politiche dell'importanza di Temistocle e Alcibiade, profondi conoscitori delle più segrete forze e intenzioni dei loro paesi d'origine per un lungo periodo, è agevole spiegare il bagaglio delle loro conoscenze. Per i comuni cittadini e i soldati semplici, comunque, la fonte delle informazioni, a parte le solite dicerie da accampamento, sembra essere stata in più di un'occasione un'assemblea in cui i capi politici o i generali informavano quelli che erano al loro seguito. Onasandro, già citato a proposito della inevitabilità del fenomeno dei disertori, antepose a questo commento una precisa avvertenza: "Sconsiderato e stupido è colui che comunica il suo piano alle truppe e ai soldati semplici prima che sia necessario" (24) .
Quando i generali ateniesi Nicia e Demostene stavano progettando di abbandonare l'assedio di Siracusa, essi non osarono neppure "con un voto pubblico dato in un'assemblea affollata permettere che le loro intenzioni giungessero alle orecchie del nemico", e in altre occasioni ci furono rifiuti a convocare assemblee (25) . A volte le assemblee, tuttavia, potevano essere usate per ingannare il nemico suggerendo false intenzioni. Enea Tattico quindi raccomandava ai suoi lettori di spiegare in un'assemblea di cittadini o di soldati una presunta operazione notturna; poiché "quando questo è riferito al campo dei nemici, o alla loro città, puoi sviarli da ciò che essi stanno tentando di attuare" (26) . Il generale ateniese Ificrate riuscì ad impedire un attacco a sorpresa tebano contro Atene convocando i suoi concittadini di notte nell'agora e riferendo che lui disponeva di un gruppo a Tebe pronto a tradire quella città; quindi gli Ateniesi dovevano uscire da Atene marciando in silenzio e prenderla. Questa notizia fu riferita immediatamente a Tebe dai suoi agenti ad Atene, e indusse i Tebani a difendersi anziché ad attaccare (27) . Questo ruolo delle assemblee nel rendere pubbliche informazioni politiche è una questione importante su cui torneremo in seguito.
Chiunque abbia ricevuto informazioni segrete si è trovato di fronte al problema molto grave di valutare quanto esse fossero attendibili. Per esempio, cosa avrebbero dovuto fare i generali ateniesi, accampati nel 490 sulle colline che dominano Maratona, quando gli Ioni della milizia persiana giunsero furtivamente di notte e dissero alle sentinelle ateniesi che la cavalleria persiana era «lontana» (28) ? Quando di notte un uomo arrivò a cavallo presso le forze greche a Platea nel 479, convocò i generali, affermò di essere il re Alessandro di Macedonia e fornì l'informazione che Mardonio e l'esercito persiano avrebbero attaccato il giorno successivo, in che modo i comandanti greci potevano sapere che egli era colui che affermava di essere o che la sua informazione era attendibile (29) ? Se un cittadino di Catania giunse a Siracusa nel 414 e rivelò i piani delle forze di invasione ateniesi come dovevano reagire i generali siracusani (30) ?
Questa questione, cioè fino a che punto ci si potesse fidare della parte avversa, costituiva sempre un problema di difficile risoluzione. In primo luogo, era possibile che il disertore o traditore stesse fornendo un resoconto veritiero di ciò che aveva ascoltato, ma il generale o il capo politico avversario poteva aver tentato un inganno. Un esempio dell'astuzia di Ificrate è stato segnalato in precedenza. In un'altra occasione Alcibiade, assediando Bisanzio, diffuse la notizia che egli era stato chiamato in Ionia, ostentatamente prese il largo con la luce del giorno, ma tornò di notte per sorprendere la città e prenderla (31) . Polieno e altri scrittori di argomenti bellici forniscono una varietà di stratagemmi di questo tipo (32) ; Brasida, il versatile comandante spartano, in Macedonia durante le ultime fasi della guerra archidamica, disse alle sue truppe: "La più grande reputazione è ottenuta con quegli stratagemmi con cui un uomo inganna i suoi nemici nel modo più completo e rende ai suoi amici il più grande favore" (33) .
In secondo luogo, i fuggiaschi di ogni genere sono psicologicamente condizionati dalla semplice circostanza di aver disertato o tradito. Probabilmente sono portati a dire a chi li interroga ciò che pensano che l'interlocutore abbia piacere di ascoltare; e specialmente se sono esuli il quadro da loro fornito potrà essere eccessivamente distorto e viziato da pregiudizi. Non è questo il luogo per analizzare i discorsi erodotei che il re esiliato Demarato tenne a Serse, ma si può notare quanto abilmente - ma forse in modo inesatto - Erodoto fece allo stesso tempo denigrare ed elogiare da Demarato le qualità dei Greci, specialmente degli Spartani. Inoltre, non si deve trascurare il fatto che gli esiliati perdevano rapidamente la loro conoscenza approfondita degli indirizzi politici e dei leader del loro paese d'origine; quanto poteva aver svelato Temistocle al re persiano circa la politica ateniese cinque anni dopo l'inizio del suo esilio?
Infine, qualunque leader esperto doveva fare i conti con la possibilità che l'informatore che aveva di fronte stesse mentendo deliberatamente (34) .
Sarebbe affascinante sapere come il pedagogo dei figli di Temistocle, Sicinno, si fece largo tra le guardie persiane fino ad arrivare a Serse e, giunto, convinse il re persiano che i Greci a Salamina erano davvero in disaccordo tra loro e pronti a dividersi - e perciò era fuggito, in modo da giungere in quel momento con la notizia che il ponte sull'Ellesponto non sarebbe stato distrutto (35) .
Per i comuni disertori si potevano formulare delle norme generali, come il metterli in catene, sì che, se era riconosciuta la veridicità delle loro dichiarazioni, ne avrebbero ottenuta una ricompensa, altrimenti sarebbero stati giustiziati immediatamente (36) ; forse ai traditori d'alto rango poteva essere concessa una sorveglianza onorevole, comunque continua. Spesso tuttavia un leader poteva valutare l'informazione ricevuta solo sulla base della intrinseca verosimiglianza o della coerenza di essa con altre informazioni. Nei tre esempi citati all'inizio di questa particolare discussione, Milziade persuase i generali che erano con lui ad agire la mattina successiva sulla base del resoconto degli Ioni e così facendo vinse la battaglia di Maratona; Pausania e gli altri comandanti greci accettarono l'informazione del re Alessandro e riordinarono le loro milizie di conseguenza; ma nel terzo caso, quello dell'informatore proveniente da Catania, i capi siracusani furono indotti in errore dall'inganno a marciare su Catania, in modo che gli Ateniesi poterono entrare nel Porto Grande di Siracusa senza incontrare resistenza. Più tardi il fatale insuccesso di Nicia nel togliere l'assedio a Siracusa sembra sia stato causato in parte dalla sua vana speranza di un tradimento interno (37) .
Rimane da trattare un ultimo aspetto riguardante le informazioni segrete: in che modo uno Stato poteva prevenire la loro trasmissione ad una potenza straniera? La soluzione più importante era non tenere assemblee e non comunicare apertamente i piani. All'inizio dell'attacco ateniese in Sicilia, Ermocrate persuase i concittadini siracusani ad eleggere solo tre generali che potessero operare in segreto. Ad un punto cruciale della marcia dei Diecimila, i Greci decisero di nominare temporaneamente un solo generale. "Così ciò che doveva rimanere segreto sarebbe stato tenuto nascosto con maggiore facilità" (38) . In alternativa, si potevano mettere i cittadini gli uni contro gli altri, così che tutti i possibili delatori fossero essi stessi informati. Gran parte dell'opera di Enea Tattico era appunto finalizzata a prevenire dei tradimenti interni; una avvertenza era quella di raccogliere una certa quantità di denaro nell'agora, o su un altare o in un tempio, e destinarlo a chiunque indicasse un cospiratore (39) . Nel decreto con cui Atene riorganizzò il governo di Calcide dopo la sua rivolta (445 a.C.), il giuramento imposto ai Calcidesi richiedeva loro di denunciare chiunque stesse organizzando una ribellione (40) .
Ancora, le autorità potevano vietare l'accesso di persone non affidabili agli arsenali e ai cantieri navali. L'unico caso in cui siamo informati che tali aree protette erano custodite è dell'età ellenistica, quando Rodi proteggeva i suoi cantieri navali (41) ; ma molto probabilmente qualsiasi curioso si fosse trovato nei dintorni della base navale ateniese sul lato est del promontorio del Pireo avrebbe subito dovuto spiegare la propria presenza. Demostene, il custode sempre vigile della democrazia ateniese, afferma persino di aver catturato nel nascondiglio un uomo che aveva promesso a Filippo di Macedonia di bruciare i cantieri navali (42) .
L'ultimo passo che poteva essere compiuto era l'istituzione di una vera e propria censura. Enea Tattico prescriveva che nessuno ricevesse lettere da esiliati o ne spedisse loro: "le lettere in partenza e in arrivo saranno sottoposte ai censori prima di essere spedite o consegnate" (43) .
Tutte le città chiudevano di notte le loro porte con procedure elaborate per esser certe che neppure le guardie potessero aprirle; e anche di giorno venivano effettuati alcuni controlli, sia alle porte sia, di tanto in tanto, sulle strade. La censura persiana sulle grandi strade dell'impero era famosa e sembra essere stata talmente accurata che Istieo dovette ricorrere all'espediente di tatuare un messaggio sulla testa di uno schiavo e poi attendere che la sua capigliatura ricrescesse prima di inviarlo verso la Ionia sulla Strada Reale (44) .
Almeno per quanto riguarda i territori spartani, disponiamo anche di brevi riferimenti a guardie sulle strade (45) , e sembra che ci sia stato un qualche uso di passaporti o permessi per viaggiare, a giudicare da un accenno in Aristofane (46) . Le notizie potevano anche essere smentite da un editto pubblico o dalle astuzie di un generale (47) .
È possibile che ai propri occhi, spie, disertori, traditori ed esiliati con propositi di vendetta siano stati spinti dai motivi patriottici o ideologici più nobili nella Grecia antica, proprio come scienziati, diplomatici, o altri lo sono stati nel ventesimo secolo. Eppure le collettività, sebbene vengano colpite da questi exploits o tradimenti, di norma non riconoscono agli autori di tali atti lo stesso credito che essi ascrivono a se stessi. Quanto all'aspetto relativo all'ottenimento delle informazioni politiche questi resoconti furono tutti soggetti a difetti e spesso a distorsioni. Peggio ancora, leader di tutti i tempi sono stati spesso inclini a dare troppo credito alle informazioni segrete. Come osserva Wilensky, il fatto stesso di insistere sulla segretezza "danneggia il giudizio critico nella elaborazione e interpretazione dell'informazione e oscura il senso della sua rilevanza" (48) .
Un'altra importante osservazione di questo studioso dello spionaggio politico moderno può ben figurare come conclusione ad una visione d'insieme dei percorsi dello spionaggio in Grecia: "In conclusione, le fonti più attendibili di informazioni per organizzazioni in concorrenza tra loro sono quelle non segrete; i dati migliori, che di rado sono segreti, sono le azioni della parte avversa" (49) .


(*) Da "Lo spionaggio politico nella Grecia classica" di Chester G. Starr, Sellerio editore, Palermo, 1993.
(1) A questo proposito si può pensare in ambito moderno a scritti come le pubblicazioni del Pentagono, che trattano del coinvolgimento americano nel Vietnam del Sud o ai numerosi volumi de Die grosse Politik sulle relazioni internazionali precedenti alla prima guerra mondiale. Come è stato sottolineato nell'introduzione, non cercherò nel presente studio di dar vita continuamente a paralleli con l'età moderna.
(2) Polieno, 5.26 (scopoi e dromochruceV). Il messaggero di Senofonte, Anabasi 1.2.21 può costituire un esempio.
(3) Enea Tattico, 6.1; Senofonte, Anabasi 4.4.15. Polieno 5.33.6 ci fornisce un esempio dell'impiego, in qualità di esploratori, di uomini che non si conoscevano tra loro: in questo modo c'erano minori probabilità che fornissero falsi resoconti. C'era anche una certa difficoltà nell'assicurarsi uomini che avrebbero avuto il coraggio di separarsi dal grosso delle truppe: questo problema si presentò anche agli eserciti del XVIII secolo (cfr. R. R. Palmer, in E. M. Earle, Makers of Modern Strategy, Princeton I943, p. 51).
(4) Euripide, Eraclidi 390-92.
(5) Erodoto, 7.195; Senofonte, Anabasi 3.5.14; 4.1.22; 4.4.16; 4.6.16, e altrove. Esempi relativi al mondo romano sono forniti da Frontino, 1.2.5 (Catone in Spagna; Plutarco, Catone 13, ci racconta la medesima storia in relazione alle Termopili), 1.8.9 (Cesare).
(6) Plutarco, Timoleonte 20; Polieno, 4.6.I9; Senofonte, Anabasi 3.3.5, parla delle diserzioni che potevano verificarsi in queste circostanze.
(7) Odissea 4.242 sgg.; Euripide, Reso 499 sgg.; 710 sgg.; Ecuba 239.
(8) Iliade 10.314 sgg.; Euripide, Reso passim.
(9) Demostene, 18.132, 137.
(10) Euripide, Reso 678. Ne The Double-Cross System, London 1971, un interessante resoconto sulle attività del controspionaggio britannico durante la seconda guerra mondiale, che è stato recentemente reso noto, J. C. Masterson mostra come in pratica ogni agente nemico venisse scelto e spesso venisse adoperato contro chi lo aveva ingaggiato.
(11) Erodoto, 7.146-47. Ripetizioni successive di questa calcolata magnanimità, da parte dei Romani, sono elencate da Polieno, 8.16.8 (cfr. Livio, 30.29; Appiano, Guerre puniche 39); Frontino, 4.7.7 (cfr. Eutropio, 2.11; Zonara, 8.3); Onasandro, 10.9.
(12) Polieno, 3.13.1 (cfr. 5.28.2); per una sua discussione sulle precauzioni contro le spie cfr. 5.33.1.
(13) Wilensky, Organizational Intelligence: Knowledge and Policy in Government and Industry, New York 1967, p. 13.
(14) Denuncia di Pausania da parte degli Iloti, Tucidide, 1.131-32; sorveglianza spartana dopo l'occupazione ateniese di Citera, Tucidide, 4.55; rivelazione di un complotto nei confronti di Agesilao, Plutarco, Agesilao 32.6; congiura di Cinadone, Senofonte, Elleniche 3.3; la krypteia, Plutarco, Licurgo 28.
(15) Tucidide, 6.27-28, 53; Plutarco, Alcibiade 19-21; Andocide, Sui Misteri 1 sgg. Le commedie di Aristofane contengono frequenti riferimenti agli informatori: Acarnesi 819 sgg.; Cavalieri 437; Pace 191, 653; Uccelli 1410 sgg.; Ecclesiazuse 439; Pluto 850. Riferimenti successivi si possono trovare in K. Latte, RE 7 Halbb. (Zweite Reihe), 1931, s.v. SuxojauteV, coll. 1028-32; cfr. specialmente Aristotele, Politica 5.4.1 (1304b 20 sgg.).
[Sui sicofanti da ultimo vd. i contributi di R. Osborne e D. Harvey in Nomos. Essays in Athenian law, politics and society, a c. di P. Cartledge - P. Millett - S. Todd, Cambridge 1990, pp. 83-121].
(16) Plutarco, Dione 28.1; 54.3; Pelopida 9; Erodoto, 1.100 (Deioce); Sofocle, Antigone 690 sgg., sul ruolo di Emone, che può udire «nell'ombra i mormorii che percorrono la città».
(17) Aristotele, Politica 5.9.3 (1313b 13); cfr. anche 5.9.6 (1313b 34-5) sui favori concessi da tiranni a donne e schiavi; Plutarco, Alessandro 48.4-5, fornisce un altro esempio; Riepl, Nachrichtenwesen, cit., pp. 454-56, cita testimonianze di ambito romano. Plutarco, Pericle 23.3-4 (Ateneo 13.608-609), sottolinea i successi conseguiti da Targelia a favore del Persiano.
(18) Luis A. Losada, The Fifth Column in the Peloponnesian War, «Mnemosyne», Suppl. 2I, Leiden 1972. Cfr. anche A. H. Chroust, Treason and Patriotism in Ancient Greece, «Journal of the History of Ideas» 15, 1954, pp. 280-88.
(19) Per es. Demostene, 10.4, 18.19, 18.61, 18.295, 19.259 sgg.; Polieno, 4.2.19.
(20) Onasandro, 10.24. Per una serie di esempi relativi ai disertori: Tucidide, 2.57; Plutarco, Aristide 16.5; Erodoto, 8.8, 8.82; Polieno, 1.48.5, 2.3.10; Senofonte, Anabasi 1.7.2, 2.2.7. Un cittadino disertore: Licurgo Contro Leocrate 17.
(21) L'ubiquità dei traditori probabilmente merita un ampio campione di attestazioni: Erodoto, 8.128, 9.45; Tucidide, 1.107, 4.66, 4.76, 4.89, 4.103, 5.64, 8.44, 8.50 sgg.; Senofonte, Elleniche 4.4, 4.5, 6.5; Platone, Repubblica 3 (417a-b); Plutarco, Cimone 6.2, Aristide 13, Alcibiade 30.2, 31.2; Senofonte, Anabasi 1.6.
(22) Enea Tattico, 31 e Frontino, 3.13 forniscono una varietà di modi per inviare messaggi segreti. Cfr. Erodoto, 6.4; Tucidide, 1.128-29; Plutarco, Alcibiade 25; Polieno, 2.20; Senofonte, Anabasi 1.6.3.
(23) Demostene, 19.299.
(24) Onasandro, 10.24.
(25) Tucidide, 7.48, 50-51.
(26) Enea Tattico, 9.1-2.
(27) Polieno, 3.9.20.
(28) Suda s.v. CwriV ippeiV. Il più recente, ma non del tutto convincente, commento a questo passo è di N. G. L. Hammond, The Campaign and Battle of Marathon, «Journal of Hellenic Studies» 88, 1968, pp. 39-40.
(29) Erodoto, 9.45; Plutarco, Aristide 15.
(30) Tucidide, 6.64; Plutarco, Nicia 16; Polieno, 1.40.5. Frontino, 3.6.6 riporta il resoconto fornito all'assemblea siracusana.
(31) Plutarco, Alcibiade 31.2-3.
(32) Cfr. anche Senofonte, Elleniche 3.4 (Plutarco, Agesilao 10.1-2). Rinvio al lavoro di A. Arnaud, Quelques aspects des rapports de la ruse et de la guerre dans le monde grec du VIII au V siècle (tesi discussa alla Sorbona nel 1971) di cui posso solo citare il titolo.
(33) Tucidide, 5.9.
(34) Di falsi resoconti forniti da presunti traditori ed altri è menzione in Erodoto, 3.153 sgg.; Senofonte, Elleniche 5.1; e specialmente in Polieno, 1.9, 1.15, 1.20, 1.42.1, 1.43.2, 2.2.4, 4.2.20, 4.6.18, 4.18.2, 5.10.3, 5.17.1, 5.33.4, 5.44.2, 6.14.5, 7.11.8, 7.12.1, 7.18.2, 7.26, 8.6; Frontino fornisce altri esempi sia per il mondo romano che per quello greco.
(35) Forse per questa ragione Plutarco, Temistocle 12.3 descrive Sicinno come di stirpe persiana. Così anche il secondo messaggio per Serse viene affidato ad un eunuco persiano scelto tra i prigionieri, secondo Plutarco, Temistocle 16.4 e Aristide 9.4; Polieno, 1.30.4; non c'è traccia di ciò in Erodoto, 8.75 e 8.110 (o Frontino 2.2.14 e 2.6.8); Eschilo, Persiani 355 sgg., definisce Sicinno anhr gar Ellhn. Il nome ritorna su vasi ateniesi; cfr. R. Leonard, in RE 4 Halbb. (Zweite Reihe), 1923, S.V. Sikinos (3), coll. 2526-27.
(36) Onasandro, 10.15. Senofonte, Anabasi 4.6.1 e altrove fornisce esempi specifici.
(37) Tucidide, 7.48, 73 (Plutarco, Nicia 18, 21, 26); Polieno, 1.43.2; Frontino, 2.9.7; cfr. Peter Green, Armada from Athens, New York 1970, pp. 5, 205 sgg., 291 sgg..
(38) Tucidide, 6.72-73; Senofonte, Anabasi 6.1.18. Cfr. Tucidide, 8.7 e 8.9 su altri esempi di segretezza; Erodoto, 6.132 sulla spedizione di Milziade; e sulle lettere sigillate indirizzate a subordinati vedi Polieno, 4.7.2 e Frontino, 1.1.2.
(39) Enea Tattico, 10.15.
(40) H. Bengston, Die Staatsverträge des Altertums, II, München 1962, no. 155, linee 24-25 (= Tod, GHI, no. 42), per attestazioni successive di questo tipo di giuramento si veda Peter Herrmann, Der römische Kaisereid, Göttingen 1968, p. 28, n. 30.
(41) Strabone, 14.2.5; il tentativo compiuto dall'agente di Filippo Eraclide è menzionato in Polibio, 13.4-5 e Polieno, 5.17.1.
(42) Demostene, 18.132 (Plutarco, Demostene 14.4). In questa, come in molte altre circostanze si vorrebbe saperne di più: di quali sistemi di controspionaggio si servì Demostene per scoprire la macchinazione? Un altro elemento che può far pensare ad una sorveglianza si può forse rintracciare nel frammentario commento di Iperide, In difesa di Licofrone, I, fr. IIIa, «il tradimento dei cantieri navali».
(43) Enea Tattico, 10.6. Una parte dei messaggi che abbiamo citato alla nota 22 (come Senofonte, Anabasi 16.3) furono intercettati.
(44) Erodoto, 5.35, cfr. 1.123, 5.52; Riepl, Nachrichtenwesen, cit. pp. 282 sgg. Interessanti per illuminare il problema dei permessi per viaggiare nell'impero persiano possono risultare le razioni di viaggio analizzate in R. T. Hallock, Persepolis Fortification Tablets, Oriental Institute Publications 92, Chicago 1969, nos. PF 1285-1579, 2049-57.
(45) Polieno, 3.9.57. In Euripide, Ifigenia in Aulide 303 sgg. Menelao in qualche modo si comporta come una «sentinella stradale».
(46) Aristofane, Uccelli 1212-15; Enea Tattico, 10.8 prescrive che nessun cittadino o meteco potrà salpare se non provvisto di un symbolon (sebbene tale termine di norma abbia un altro significato; cfr. U. Kahrstedt, in RE 7 Halbb. (Zweite Reihe), 1931, S.V. Sumbolh, sumbolon, coll. 1088-90).
(47) I Tebani deliberarono con decreto che se qualcuno avesse portato armi attraverso la Beozia per dar man forte alla rivolta contro i Trenta ad Atene «ogni tebano avrebbe finto di non vedere né udire nulla» (Plutarco Lisandro 27.3 e Pelopida 6.4; Dinarco, Contro Demostene 25). Per notizie che vengono cassate dietro ordine di un comandante cfr., ad es., Plutarco, Agesilao 17.3; Senofonte, Elleniche 4.3; Polieno, 2.1.3.
(48) Wilensky, Organizational Intelligence, cit., p. 66.
(49) Ibidem, p. 72.

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